Il Po - RiveDelPo

Vai ai contenuti

Menu principale:

Il Po

1 LA GENESI DEL FIUME
Il Po si è “costruito” il suo percorso scavando l’alveo nel ventre molle, costituito da enormi quantità di materiale alluvionale dilavato con giganteschi trascinamenti a valle nella post glaciazione e  che, nel corso di ere geologiche, hanno riempito un ampio golfo dell’antico Mare Adriatico, che si insinuava tra le Alpi e l’Appennino tosco emiliano.


49 La ricostruzione dell’area di una parte dell’Oltrepò pavese con il lento riemergere dalle acque dell’antico mare esistente (Broni, Casteggio, Stradella, Voghera sono ancora in fondo al mare), descritta in un pannello del Museo naturalistico di Stradella.

2 L’ULTIMA GLACIAZIONE
Il golfo penetrava fino all’alto milanese e al Piemonte orientale. Conchiglie fossili sono state trovate a 255 m di profondità nello scavo di un pozzo presso l’Arena di Milano e in molte altre località della Lombardia e dell’Emilia Romagna. L’ultima glaciazione, dopo un periodo di clima tropicale, con la presenza di animali del clima caldo iniziò 400.000 anni fa e si concluse circa 100.000 anni fa, per iniziare una regressione verso un clima temperato orientativamente 10-12.000 anni fa. Come si può osservare sono un battito di ciglia sulla scala temporale. Il tempo dell’era geologica di cui si sta parlando può essere considerato di pochi minuti, rispetto all’intero arco di una giornata (dall’inizio della formazione geologica), ove si consideri che la prima era, l’arcaica, iniziò quattro miliardi di anni fa.
Ebbene, l’ultima glaciazione con il disgelo e il trascinamento a valle, dalle montagne, di enormi quantità di acqua e detriti è proprio quella che interessa a noi. Si trattò di un’autentica fiumana, alimentata dal disgelo e dalle piogge periodiche di proporzioni gigantesche durata molti secoli.

Foto Conchiglie fossili
48 Conchiglie fossili marine rinvenute sul colle di S. Colombano (Epitonium communis e Nassa limata), testimonianza di quando tutta l’area padana era sommersa da un grande golfo del Mar Adriatico. Reperti fossili e archeologici dell’epoca sono visitabili nel Museo al Palazzo municipale del Comune.

3 LE ANTICHE POPOLAZIONI
Quali e chi erano le popolazioni che si sono insediate fin da epoche lontanissime sulle rive del Po? Può sembrare sorprendente, considerata l’inospitalità cui farebbe pensare il fenomeno delle grandi esondazioni, o le estesissime paludi, ma le testimonianze archeologiche sono numerose in tal senso. Circa 1.000 anni a. C. epoca del cosiddetto Bronzo Finale, quindi ben prima della conquista romana, o delle grandi civiltà del Mediterraneo (Etruschi, Grecia, Cartagine) o degli Imperi persiani, fiorivano centri a Badia Pavese, Chignolo Po, Borgo S. Siro Pavia, Camporinaldo di Miradolo Terme, Mezzanino, Pieve Porto Morone, S. Cristina e Bissone, per non citare che alcuni dei paesi in provincia di Pavia – dove esiste la più alta concentrazione archeologica - , ma anche a Codogno, S. Colombano al Lambro, Senna, Calendasco, Bobbio, Rivergaro, Piadena, Zerba, nel milanese, lodigiano, piacentino, cremonese, ossia popoli che conoscevano la metallurgia, il rame, le leghe, con una civiltà raffinata e dediti al grande commercio.

Foto vaso Pieve, spada Garlasco, catene celtiche
137 Testimonianze archeologiche di popolazioni celtiche nell’area fluviale padana, anteriori alla romanizzazione presenti al Museo civico archeologico di Pavia (dall’alto a sn. in senso orario): Casseruola in bronzo (Bronzi antichi) da Pieve Porto Morone 1929; Peso in bronzo e fuseruola in terracotta (Bronzi antichi – terracotta antica) da S. Cristina e Bissone 1957; Spada in bronzo (Bronzi antichi) lunghezza cm 61,4. Spada celtica e catene, area Insubria (equivalente approssimativamente all’odierna Lombardia), rinvenuta a Romanengo, oltre l’Adda di una ventina di km, nel cremonese, dove uno studio archeologico preliminare su un tracciato di 70 km sono stati portati alla luce una quantità elevatissima di siti (66, uno ogni km mediamente), dalle età neolica a quella del bronzo, del ferro, epoca romana, fino ai giorni nostri.

4 GLI ARGINI
Ma da quando sono cominciate le arginature? È una domanda alla quale non è possibile rispondere. Probabilmente da millenni. Cenni sulle arginature si hanno fin dai tempi antichi (nell’epoca romana il tema delle piene e dei danni causati ricorre in più di un autore), con l’evidenza di una conseguente necessità di attivare quanto era possibile per sottrarsi alla collera del fiume, senza escludere argini e costruzioni su palafitte: …la popolazione rivierasca era timorosa dei capricci del fiume e Lucano descrive con drammatici accenti una alluvione padana e accenna alla non insolita circostanza del trasferimento di terre dall’uno all’altro colono a causa della violenza delle acque che staccavano porzioni di fondo e le trasferivano sulla riva opposta (Pharsalia, VI, 272-278).  
Nel Settecento una carta che descrive il confine tra il pavese e il piacentino – che, di seguito, descriveremo nel dettaglio per la sua significatività – è generosa di richiami a “argini”, “arginelle”, “argini vecchi” e simili che accreditano l’ipotesi di tentativi di arginature che arrivano da molto lontano. Solo nell’ultimo secolo, con la formalizzazione dei consorzi ed enti vari nel frattempo sorti, si è giunti a una organizzazione ministeriale, preposta alla realizzazione e conservazione di quello che oggi conosciamo come argine maestro. Arginatura significava anche tutela di parte del territorio, per lo sfruttamento di colture, insediamenti e attività fluviali.



95 Cartografia del ‘700 con i dettagli degli argini. Il cartiglio in alto precisa “Andamento del Po’ dal Porto di Parpanese, sino al confine frà il Territorio della Pieve di Porto Morone Campagna Sottana di Pavia, e quello di Monticelli Piacentino spiegato in mia relazione in data di questo giorno 16 luglio 1756 Bernardo Maria de robecco Ingegnere delegato Camerale. La scala (in basso, in centro) è di 200 trabucchi pavesi, mentre in alto a sinistra vi è la “Specificazione de Posseditori dè Fondi”  (ASMi, Mmd arr 097).

Foto costruzione argine (136) + argine maestro (cercare nella parte centrale del libro


136 Badilanti durante lavori di manutenzione all’argine.

5  PALUDI E BONIFICA: IL CAPOLAVORO DEI NOSTRI ANTENATI

Durante questo viaggio alla ricerca dell’anima e della vita del Po, rimane un vago senso di grande stima, che si avvicina molto ad una stupita ammirazione. La valle padana è il risultato di una tale quantità di lavoro, durato secoli e millenni, che ha trasformato immani quantità di acqua,  ghiaia, disgregazione di rocce e terra, assimilabile a una gigantesca  distesa di sabbie e detriti mobili, in un meraviglioso giardino fatto di praterie, miriadi di ruscelli e canali ricamati da nobili borghi, con strade e boschi ordinati a fare da cornice. Un’opera d’arte! Ora si spiega perché i viaggiatori dell’Europa sette-ottocentesca osservavano stupefatti la Milano della campagna e le altre città della Lombardia (con i finitimi Veneto e Piemonte, in parte) esprimendo sorpresa e stupore per l’incanto che sapeva offrire una campagna così armoniosa da renderla fiabesca, magicamente elegante in una caleidoscopica geometria.
Dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea, ai viaggiatori del cosiddetto Grand Tour di Goethe, di Stendhal, ma anche del nostro Petrarca, con commenti che possono essere compendiati così: ...la campagna è ovunque intersecata da ruscelli, piccoli e cristallini e tra di loro soavemente intricati e vaganti, diresti che tra questi meandri sinuosi emergono cori di ninfe o danze di fanciulle o, ancora …l’intero territorio è attraversato da una fitta rete di canali che distribuiscono l’acqua nelle più svariate direzioni e differenti distanze. In alcune zone si notano dei canali paralleli, sopra cui passano tre canali più elevati che fanno giungere l’acqua in altri luoghi ancora. Sembra che in questa regione ci si occupi di irrigazione da tempo immemorabile; del resto le opere realizzate sono incredibili (Gaspard Monge, sovrintendente napoleonico).

Foto trascant

105 il risanamento delle paludi, in un dipinto di epoca fascista: “…era un lavoro da uomini, le bestie sarebbero sprofondate…si mettevano sette o otto uomini in fila e con la vanga la rivoltavano, erano i trascant”.


6 GLI STADI DELLA BONIFICA

Ma come si può sintetizzare il grande fenomeno della bonifica delle paludi? Si possono individuare tre grandi momenti, tre articolati cicli, o stadi, che iniziano con:
a) fontanili e prosciugamento a cominciare dall’area di confine tra l’alto milanese e la Brianza (area della nostra indagine) e che peraltro è il cuore del sistema che stiamo descrivendo, ma che ha interessato anche altre regioni, se pur in misura minore (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna) fino ad arrivare in alcune parti della Francia;
b)  il lago Gerundo, laghi e laghetti, retaggio delle enormi distese di acque che, a volte, rendevano indistinti due fiumi vicini;
c) consorzi di bonifica privati e pubblici.
In mezzo tanto lavoro e abnegazione che però, da soli, non sarebbero assolutamente bastati se non fossero stati coniugati con conoscenze tecniche e idrauliche notevoli  e con alcune ingegnose intuizioni che hanno dato la stura a prodigiosi risultati. È un tentativo ingeneroso quello di descrivere in breve l’ultimo atto della vita del Po, è come presumere di poter illustrare l’affanno e l’impegno della vita di un uomo, con tutti i suoi dolori e le gioie anche,  sublimandoli in poco spazio.

Foto fontanili e lago gerundo

150 A B C. Il fontanile nella sua schematicità, con il tino, o tina, infisso nella falda e l’arginatura (in sezione); il fontanile visto in pianta, con quattro polle, testa e asta, a formare l’inizio del fiume e la “testa del fontanile”  con la tipica polla sorgiva e la vegetazione che circondava il manufatto, arginato con altezza di due o più metri (Da Regione Lombardia, Ersaf).

151 Il lago Gerundo, il più grande dei laghi di cui ci è pervenuta conoscenza, in una “Ipotesi della trasformazione del profilo trasversale tra i territori del Lodigiano e del Cremonese”. Sopra in epoca preromana, circa 5 secoli prima di Cristo, l’acquitrino occupava l’area depressa tra Treviglio e il Po, specchio d’acqua lungo più di 100 km e largo circa 50 km (asse Lodi – Crema). In basso il lago in epoca medioevale, circa 600 anni fa. In centro del disegno si vede la sede più profonda interessata dall’azione erosiva delle correnti e che sarà l’alveo del Po attuale (ricostruzione disegni Alberto Belloni, Fausto Cremascoli, Sandro Cusano, Ettore Fanfani, Massimo Servidati),



7 BARCHE E CONGEGNI PER PALUDI

Anche le invenzioni trovano spazio nello sforzo comune delle genti che operano in questo particolare lembo di territorio. Macchine, congegni, barche innovative, hanno il fine di agevolare la navigazione, le opere di bonifica e, in genere, di migliorare le condizioni di vita dell’areale lungo il fiume. La documentazione del periodo è ricchissima in tal senso e ne richiamiamo qui, brevemente, qualche stralcio a puro titolo esemplificativo.
Navigare qualsiasi fiume. Il primo fascicolo preso in esame riporta “Si propone la costruzione di un macchina per rendere navigabile qualunque fiume”. La nota è del 30 dicembre 1774 (…)
Navigare controcorrente con maggior speditezza. La lettera è del 27 febbraio 1785 della Compagnia del Capitano Carlo Trùbeswòlter  la quale pretende possedere una nuova invenzione, per anco segreta, atta a facilitare di molto la navigazione sopra i fiumi e canali anche contro la corrente con maggior speditezza e minore spesa (…)
Barche di nuova invenzione. L’autorizzazione parte da Vienna il 6 dicembre 1792, a firma G. I. Cobenz: È stato accordato al conte Teodoro Batthyani il privilegio della privativa di costruire delle barche di nuova invenzione per navigare sopra i laghi e fiumi non solo di questo Provincie Alemanno, ma eziandio nella Lombardia Austriaca (…)
Congegno per tirare le barche a terra. Il fascicolo è aperto per la singolare proposta, esaminata dal Dipartimento III il 22 giugno 1789, circa il ponte e l’altro congegno progettato da Pasquale Trombetta per tirare le barche a terra. In vista di ciò, non occorrendo di sentire espressamente la Società patriottica sul ricorso del nominato Trombetta (…)  si fa premura il Dipartimento III di comunicargli per estratto il tenore del precitato rapporto per quell’uso che risulterà conveniente (…)


31 La proposta per “Navigare qualsiasi fiume”.
33 Il progetto per barche di nuova invenzione (ASMi, Acque, p. a. 6).


8 LE CHIAVICHE: VALVOLE PER IL DEFLUSSO

Lungo l’argine del Po, in corrispondenza dei canali e dei colatori, durante l’imponente opera di bonifica e di regolamentazione delle acque, sono state realizzate delle chiaviche. Sono strutture in muratura che interrompono l’argine e che permettono di regimentare il deflusso o il reflusso delle acque quando si immettono nel fiume e che, se in piena, potrebbe respingere, in luogo di riceverle, con serie possibilità di danneggiare le campagne oltre l’argine. In quest’ultimo caso le chiaviche vengono attivate e sbarrano il reflusso. Questi edifici, solitamente di piccole dimensioni e dall’architettura sobria, a volte elegante, fanno parte del paesaggio della golena, rendendo tangibilmente percepito il secolare e ingegnoso lavoro di chi si è impegnato – e tuttora si impegna, nei vari Consorzi, con grande competenza e passione – nelle opere di bonifica.




8 ALLUVIONI, COSA SONO

Capita di incontrare frequentemente il termine alluvione e di trovare iniziative che lo riguardano. Ma cosa sono  esattamente? Se lo devono essere chiesti anche i nostri antichi, perché si addivenne addirittura a una spiegazione istituzionalizzata. La nota da Milano del 13 dicembre 1793 “Massime per le alluvioni nate nei fiumi arcifinj in causa delle opere manufatte per cui resta risolto che le alluvioni debbano cedere per terzo allo Stato, alle Provincie ed ai Frontisti in compenso delle spese di riparazione e manutenzione” è tratta dall’Archivio generale del Governo (Archivio di Stato di Milano, Acque, p. a., c. 1094) e precisa:
Le alluvioni sono depositi che il fiume applica insensibilmente a qualche sua sponda nel momento di declinare da lei col prendere un tutt’altro andamento. Le deposizioni sono prima di materie pesanti, indi delle minute, e queste a poco si vanno vestendo e ne provengono quindi ordinariamente fondi boschivi, quali col   tempo e coll’arte si rendono di quel genere di prodotto di cui possono essere suscettibili.
Queste deposizioni, o sieno alluvioni  altre sono naturali, ed altre artefatte o direm meglio procurate. Le naturali sono quelle che fa il fiume a corso niente impedito, e queste sono meramente fortuite. Le artefatte sono quelle che si promovono col mezzo di qualche armatura la quale obbliga il fiume a deviare dal suo corso e succedono perciò presso le armature medesime.
Le leggi hanno applicate al fondo cui si radica l’alluvione l’acquisto di questo nuovo terreno, il quale cede perciò a beneficio del  possessore frontista. Par veramente ch’elleno abbiano contemplato il solo caso dell’alluvione naturale coll’assegnargliela per una specie di corrispettivo di que’ danni cui sono d’ordinario soggetti li terreni coerenti a’ fiumi.
Ma le alluvioni che l’arte cagiona sembra a  buona ragione che dovrebbero ridondare a vantaggio di chi coll’arte le promuove in compenso delle spese incontrate pella medesima promozione, dacchè queste sono certe, ma non sono così certi que’ danni che il fiume può apportare a’ fondi finitimi ed è altronde imputabile al Frontista, se trascura i mezzi di allontanarli.


53 L’evidenza delle “alluvioni”, classificate “G” nella cartografia del 1776 con la grande ansa (in alto e in basso a sinistra) che arrivava poco lontano da Torre de Negri e Belgioioso,  disegno di cm 65,65 per 98,89 (ASMi, Acque, p. a., c. 1141).

 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu